sabato 27 novembre 2010

Thanksgiving Day.

Scusate per il silenzio stampa durato quasi un mese, ma non ho avuto un attimo libero. E con questo non alludo al fatto che voi siate meno importanti di tutto quello che mi accade intorno, ma sto lentamente scoprendo che godersi la vita è più bello che raccontarla ai due poveri svizzeri che tentano di decifrare questo blog. Grazie per le mail, i messaggi, i post in bacheca... Grazie per tutto quello che state scrivendo e per il fatto che non vi siete completamente dimenticati di me (voglio credere sia vero!), e scusate se non rispondo alle mail, ai messaggi, ai post in bacheca... Notizia flash: anch'io ho una vita. Assurdo, no? E questa nuova vita mi sta facendo scoprire tante cose sensazionalmente fantastiche. Iniziamo col dire che le prove della play stanno andando abbastanza bene. Figuratevi che martedì Ms. J, invece del suo solito acido commento "I love you accent but you have to project and enunciate", mi ha sparato un bel "You're getting better", al quale sono saltata sulla sedia e per poco non mi sono gettata ai suoi piedi. Se c'è una cosa che ho imparato in questi 104 giorni è che bisogna sempre enunciate. Altrimenti la gente inizia a dirti che il tuo accento è very cute. E questo è abbastanza frustrante.

Anche il QUEST continua normalmente. In questi giorni, sono stata ad Oakland dalla mia consultant, una reporter per il “The Oakland Tribune”, che ovviamente vuole trasferirsi in Italia quando diventa vecchia e parla italiano. Figuratevi se non la trovavo io la giornalista americana mezza italiana. A parte ciò, è una cosa fighissima. Mi ha portato in ufficio (che è “The Office” in scala naturale), con tanto di vista sul traffico cittadino e con i colleghi pazzi che collezionano paperelle di plastica.
Poi l’ho osservata divincolarsi tra le parole della storia più inutile del mondo: l’auto del sindaco di Oakland è stata prelevata (o perlomeno credo si traduca così “booted”) perché non aveva pagato delle multe. Ora, a chi vuoi che interessi scrivere 10 inches su questo fatto? A nessuno, ma lei ha dovuto, e figuratevi che oggi ha pure ricevuto chiamate di lettori che volevano più dettagli sulla storia. Sconvolgente, eh?
In più mi ha presentato un suo collega troppo cool (il cui nome credo fosse Scott, o Chris, a scelta) che è un foreign reporter da vent’anni e che, immaginate un po’, ha vissuto cinque mesi a Bari. Tanto per cambiare. Comunque questo tizio è stato troppo simpatico e abbiamo intrapreso un’intensa discussione filosofica sul significato dei media nella nostra cultura moderna e sul perché studiare greco è molto meglio che studiare statistica.
Ma adesso veniamo a quello che tutti voi aspettavate che io scrivessi. Sì, il mio primo Thanksgiving. Il giorno del Ringraziamento si celebra ogni ultimo giovedì del mese di Novembre in tutti gli Stati Uniti ed è una tradizione che risale ai Padri Pellegrini che abbandonarono l’Inghilterra per andare nel Nuovo Mondo poiché perseguitati per le loro idee religiose. 102 pilgrims, arrivati a bordo della Mayflower, che sterminano i nativi americani per un posto nella nuova terra e poi festeggiano con tanto di tacchino e torta di zucca. Questa sì che è una ricorrenza! È l’inizio del capitalismo, no? (PS: tutte le informazioni storiche varie ed eventuali contenute in questo post derivano dalla forza di volontà della Santa Prof. Ria Bruni, che si è costantemente riproposta di farmi interessare al passato dei popoli, modificandolo, ovviamente, secondo le mie convinzioni strorpiate. Grazie Ria). Anyway, oggi il Giorno del Ringraziamento è un po’ come da noi l’Immacolata. Non religiosamente, ma come senso di inizio delle festività natalizie e dello shopping sfrenato (per maggiori informazioni vedi Black Friday).
La giornata inizia con la tradizionale Macy’s Thanksgiving Day Parade, la sfilata messa in piedi dalla famosa catena di negozi americana, a New York. Quindi questa è stata una scusa bella e buona per godermi un po’ della mia città del cuore e della sua 34esima strada (sorry, Cali, I’m cheating on you). As a wise young man said once “Los Angeles is my wife, but New York is my mistress.” – A.L. E io, non essendoci ancora stata a LA, mi limito a concordare con la parte newyorchese. Con un buon cinnamon roll in mano, ci si gode l’enorme pallone gonfiabile a forma di Spongebob sfilare sulla sfondo dell’Empire State Building, con tanto di Elmo e Dora the Explorer al seguito.
Poi sono cominciati i preparativi per la grande cena: mashed potatoes, stuffing, pumpking pies, bread rolls, cranberry jelly (la cosa più disgustosa della terra, dopo il cocco) e, ovviamente, Tom the Turkey!, di cui, poveretto, sono rimaste solo le ossa.
Pensandoci, credo che i tacchini dovrebbero avere il loro giorno del Ringraziamento e carvare un umano per ogni famiglia di tacchini.
Giusto per vedere se poi la gente è davvero tanto grata per i tacchini. Ora, la cena del Ringraziamento è una cosa pretty big qui ed è considerata una delle poche volte durante l’anno in cui ci si strafoca come maiali fino al giorno dopo.
Mamma, Papà, non abbiamo mangiato neanche la metà di quello che voi cucinate il giorno di Natale. Tanto per dire che noi italiani siamo maiali tutti i giorni, non abbiamo bisogno del “giorno-uccidi-tacchini” come scusa.
Dopo un paio di battute tristissime sul povero Mr. Darcy (per il quale sembra che anche Ryan abbia una piccola cotta), siamo finiti sul divano a guardare “Galaxy Quest”, perché, apparently, ero l’unica persona sul pianeta Terra (e non) a non averlo visto. Ed è stato parecchio divertente, in fin dei conti. Poi gli “uomini” hanno voluto guardare “Robin Hood”, mentre le palpebre di noi giovani pulzelle sono calate al ritmo del tacchino in decomposizione nei nostri stomaci. Ebbene sì, è stata una giornata parecchio figa. My first Thanksgiving. And, hopefully, not the last one.

lunedì 1 novembre 2010

Halloween.

Bene. E’ ora di raccontare il mio primo Halloween. E sperando intensamente, non l’ultimo. Inutile dire che quello che in Italia viene barbaramente chiamato “Halloween”, non si avvicina neanche lontanamente a quello che in effetti è Halloween in America. Halloween negli US è come Natale per noi. E’ una festività sacra. E’ un culto. E’ qualcosa che fa interamente parte della tradizione statunitense. E sì, anche gli adulti si mascherano. Non c’è età per i festeggiamenti (a parte per il trick or treating che è consigliabile fino ad una età media di 18 anni, poi sei davvero troppo vecchio). Inutile dire che ho “carvato” la mia prima pumpkin. Che è stata una figata. Intagliare le zucche è come decorare l’albero di Natale (non so perché continuo a paragonare Halloween a Natale, sono stanca). Ed è incredibilmente più facile di quello che credevo sarebbe stato. In realtà il mio disegno è stato particolarmente semplice: due triangoli come occhi, uno come naso e il merlo di una torre come bocca. Ma c’è gente che si impegna sul serio e ci sono addirittura competitions di carving, con disegni elaboratissimi di pipistrelli, streghe che volano su manici di scopa o gatti neri che dovrebbero portare sfiga.

Domenica sera, poi, siamo andati trick or treating con Michael, Casey, Sarah and Amy, rispettivamente Kermit the Frog, Ms. Piggy, Bo Peep e a little child. What about me? Io ero una Geisha, per la gioia di Vita (a Carnevale dell’anno prossimo prometto che ci organizziamo). Ok. Trick or treating è come nei film. Uguale uguale. Fantastico. Di casa in casa a chiedere candies fino ad averne una borsa piena e 500 mila pounds da prendere nei due giorni dopo. Una mia compagna nella cooking class mi ha spiegato così questa tradizione “Trick or treating means candies. Candies are sugar. Sugar is fat. Americans are fat. That’s why Americans love trick or treating.” Pretty self-explainatory, right? Anyway, anch’io ci ho guadagnato un bustone pieno all’ennesima potenza di calorie e una closer vision delle casette americane e delle tenerissime bimbe vestite da fatine che ricevono sempre il doppio dei dolcetti di una Geisha diciassettenne. Chissà perché.

Ops. Dimenticavo. Venerdì sera, in puro spirito halloweeniano, siamo andati ad Oakland, al Paramount Theatre, un posto troppo troppo figo in cui proiettano vecchi film. Abbiamo visto Dracula. Versione originale degli anni ’30. Con Bela Lugosi. Che, detto tra noi, ha gli occhi più inquietanti/slash/ridicoli dell’universo. Fantastico. Considerando il tizio seduto affianco a Kyle che ci ha regalato degli insetti di plastica che ora giacciono qui accanto a me, è stata una serata piuttosto cool.

I Giants hanno appena vinto la World Series. Che poi, World… solo gli Stati Uniti giocano a baseball. Ma anche World va bene. E diciamo pure che ci volevo io in California per farli vincere dopo 56 anni. Oh yeah.